L'emozione del ritrovamento durante la ricerca

Un racconto di Luigi Pirroni che testimonia la grande emozione provata nel rinvenire un piastrino di riconoscimento dello zio.

 

 

In questi giorni tra le numerose mail e messaggi che sto ricevendo per l'uscita del nuovo libro c'è la storia presentata da Luigi Pirroni, autore del libro "Villagrande Strisaili. Una gioventù in guerra: caduti, partigiani e gli sbandati di Vasanello. Una comunità racconta la Seconda guerra mondiale" uscito lo scorso agosto edito da Grafica del Parteolla.
Vi riporto direttamente la mail ricevuta perchè mi ha molto colpito soprattutto leggere l'emozione con la quale il Sig. Pirroni racconta il ritrovamento del mod.'32 dello zio.

 

 

 

 

Fotografia di Enrico Puddu nel 1939 fatta a Pinerolo prima che partisse per l’Albania.  

Enrico Puddu, Nato a Villagrande il 21 – 3 - 1917, morto il 26 – 06 - 1941.
Figlio di Giovanni Antonio e Lucia Pirroni, alto m. 1,62 Torace cm. 86, capelli color castani (lisci), occhi e sopracciglia castani, viso ovale, colorito roseo. Faceva il contadino e il pastore, aveva la licenza della 3^ elementare.

Enrico era cugino dei miei genitori. Sin da piccolo, frequentando la casa di zia Lucia, mamma di Enrico, ho spesso ascoltato il suo doloroso racconto. Piangeva questo figlio morto in un paese lontano durante la Seconda Guerra Mondiale. Ricordo benissimo la foto esposta sopra un mobile. Per lui non c’è stata una tomba sulla quale i parenti potessero posare un fiore. Solo in seguito alla morte della mamma, avvenuta nel 1966, nella lapide, accanto alla foto della madre è stata aggiunta la fotografia e il nome di Enrico, morto 25 anni prima di lei. Quando nel mese di maggio 2020 mi sono recato all’Archivio di Stato di Cagliari, nel leggere l’elenco delle cartelle pronte per essere da me consultate, sono stato sopraffatto dall’emozione. La prima cartella che ho visionato è stata quella dello zio Enrico e aprendola in me è emerso vivo il ricordo della disperazione della madre e delle lacrime che versava ogni volta che parlava della triste sorte dell’amatissimo figlio. Man mano che esaminavo i documenti di Enrico, seppure in ritardo, aggiungevo particolari e si dissipavano tanti dubbi e perplessità espresse per lungo tempo dai parenti e ho trovato una risposta a tanti quesiti. Tra le carte, ho trovato una targhetta in metallo (piastrina) con i dati identificativi di Enrico e che lui aveva tenuto sul petto per oltre due anni. Toccare con mano quell’oggetto che gli era appartenuto e che era stato testimone del sacrificio e dell’eroismo dello zio, l’ho considerato quasi un premio per il lavoro che stavo svolgendo e mi ha dato un ulteriore stimolo per portare avanti la ricerca. Avrei voluto portare quella piastrina con me e consegnarla ai parenti, ma ciò non era possibile perché quella targhetta è un cimelio di guerra e come tale deve essere custodita. 

Piastrina trovata in una busta spillata al suo foglio matricolare. La targhetta è stata rimossa dalla cartella e riposta nella cassaforte dell’Archivio di Cagliari perché considerata cimelio di guerra, il 27 maggio 2020.

 

Chiamato alle armi nel 1938, Enrico trascorse i primi anni di militare a Roma a Tor di Quinto nel reparto Cavalleria. Nel novembre 1940 fu trasferito a Pinerolo in Piemonte, al Dipartimento 47° battaglione Fanteria. Dopo il proclama di guerra del 1940 e le mire espansionistiche di Mussolini, fu destinato al fronte greco-albanese. Imbarcato a Bari, giunse a Durazzo il 27 novembre ‘40, dichiarato in territorio di guerra. La mattina del 24 giugno del 1941, Enrico fu coinvolto in un incidente stradale e subito ricoverato nell’infermeria presidiaria di Durazzo. Nonostante sia stato sottoposto a vari interventi chirurgici, cessò di vivere a causa delle ferite riportate, la sera stessa del ricovero.  Anche prima che giungessero le notizie ufficiali della sua scomparsa, in paese si era diffusa la voce della sua morte, ma nessuno aveva il coraggio di comunicarlo ai genitori. A portare la notizia ufficiale della morte di Enrico, fu un carabiniere. Le circostanze della morte furono riferite ai parenti dal compagno militare Salvatore Corda anche lui di Villagrande, richiamato in guerra, prima in Albania e poi in Russia. Salvatore è stato l’ultima persona ad aver visto e parlato con Enrico. La mamma, non rassegnandosi alla perdita prematura del suo unico figlio maschio, negli anni che seguirono, volle sentire più volte il racconto di quel testimone che era l’unica persona che poteva parlarle delle ultime ore di vita di Enrico. Ascoltare il racconto delle imprese del figlio forse la consolava e cercava di trarre conforto e rassegnazione al pensiero che era morto nell’adempimento del proprio dovere di cittadino italiano.

La sua ultima lettera spedita dall’Albania con allegata una foto risale al mese di maggio del 1941, esattamente un mese prima della sua morte. È stata la sua ultima foto, quella che la mamma ha tenuto in mano, ha accarezzato e baciato per tanti anni; una foto invecchiata dalle lacrime di una mamma che ha perso il suo amato figlio all’età di ventiquattro anni.

Offro a voi cari Genitori, la mia presente fotografia. A modo che sempre vi sia presente almeno che
mi pensiate, come io sempre vi amo e vi penso con tutto il cuore. Albania 31.5.1941

 

 

 

 

 

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