IV Novembre, festeggiamo la Pace dei Popoli, non altro. Parliamo di valori come l'onore. In primis, quello di aver combattuto in un teatro bellico passato alla storia per la lunga scia di sangue e la crudeltà degli episodi. Partiamo da qui.

L'atto con cui l'Italia pone di fatto fine alla Grande Guerra, con la fatidica firma dell'armistizio siglato in data 3 novembre 1918 nella villa del conte Vettor Giusti del Giardino a Padova, fra l'Impero austro-ungarico e l'Italia/Intesa, non sancisce vinti né vittoriosi. Ma solo l'epilogo triste di uno scontro che ha segnato le vite di milioni di soldati, e famiglie, nel bene e soprattutto nel male. Anche perchè, i fatti ci raccontano che l'episodio chiave, a Vittorio Veneto, nasce da premesse da cui entrambi gli schieramenti in teoria avrebbero potuto prevalere. Perchè nonostante quello che si possa pensare, l'equilibrio regna ancora sovrano in questa fase finale.

 

Tutto ha inizio in estate, con gli austro-ungarici che tentano lo sfondamento lungo il Piave. Uno sfondamento che darebbe il via libera alla pianura padana. L'offensiva dell'Impero sbatte però sulla difesa italiana sul fiume: è il segnale per le forze italiane che quello è il momento decisivo. L'armata italiana si lancia all'inseguimento del nemico, che batte in ritirata. Dal 24 ottobre si entra ufficialmente nella fase conclusiva del conflitto con la Battaglia di Vittorio Veneto, che ha il suo epilogo fatale nei pressi del Monte Grappa, che le truppe austriache, in netta difficoltà e rassegnate ormai alla modalità ripiegamento, abbandonano a fine ottobre.

Il resto è formalità e burocrazia, ma è anche quello che ci resta quando celebriamo questo evento: il 29 ottobre il capitano austro-ungarico Camillo Ruggera, una volta identificato, raggiunge il comando di divisione italiano ad Abano. Il 3 novembre raggiunge la villa del conte Vettor Giusti del Giardino, sede del comando dell'esercito italiano. Alle 15 viene firmato l'armistizio.