La dolina dei 500

Il volto di Cristo riesumato dalla passione sconfinata per la storia della Grande Guerra di Mario Bin.

Mario Bin era nato poco dopo la fine del conflitto, a pochi metri dalle battaglie carsiche, come quella del Monte Sei Busi. Da piccolo su queste montagne ci giocava. E solo qualche tempo più tardi, sulla "mezza" scia del padre scalpellino, vista l'indiscutibile vena professionale, fu incaricato di dipingere i nomi dei caduti in quelle zone – tra doline e trincee – che il padre aveva inciso nel cimitero militare del Colle Sant'Elia. Venne però in fretta licenziato perchè nel 1934, sul colle prospiciente il Sant'Elia, iniziava la costruzione del prestigioso e monumentale Sacrario di Redipuglia, il più grande ossario d'Italia. Lì vennero trasferiti i corpi e i resti dei caduti dell'area, mentre la cappella che sorgeva sul Sant'Elia venne fatta saltare dal genio militare.

Mario non perse però la buona vecchia abitudine di scavare per piacere personale. Così, nel 1993, mentre ispezionava una dolina del Monte Sei Busi, ad una quota poco più alta del sacrario di Redipuglia, ebbe modo di imbattersi in una raffigurazione di Cristo sofferente, sapientemente realizzato. E la sua conoscenza con l'influente storico Antonio Scrimali, si rivelò decisiva per comprendere che quel ritrovamento fosse di assoluto ed inequivocabile valore storico. Scrimali, dall'alto delle sue conoscenze in materia, era infatti in possesso di una foto che mostrava, proprio in quella dolina, una fossa comune e una croce con effigiato il volto di Cristo.

E ai lati della fossa stava una targa con un'iscrizione, adornata da palme. Bin era geloso dei suoi ritrovamenti, e per questo era restio a svelarli. Ma con Scrimali si confidò. Così, quando ebbero la piena convinzione che i due ritratti fossero in realtà lo stesso, il direttore del Sacrario di Redipuglia permise loro di esporre l'effigie della testa del Cristo in una speciale teca posta sotto l'altare della cappella, che conclude l'infinita scalinata dell'ossario. La posa della testa avviene nel 1995 con una cerimonia ufficiale ad hoc. A cambiare improvvisamente lo scenario del ritrovamento di Bin, poco tempo dopo, "sbuca" un'altra foto, che sembra mettere a repentaglio l'autenticità del reperto riscoperto.

In questa seconda immagine si legge distintamente l'intitolazione "Dolina dei 500". Il nome deriva dal numero indicativo delle salme riposte nella fossa comune (che era stata ricavata e riempita dall'ottobre 1916, quando il fronte di guerra era già lontano da quell'area) appartenenti ad alcuni reggimenti di fanti e bersaglieri. A prescindere da questo, l'opinione degli esperti del settore sembrava aver proprio cambiato radicalmente direzione riguardo all'autenticità dell'effigie. Tanto che il reperto, da illustre testimonianza quale si pensava inizialmente essere, finì nel magazzino dell'ossario, preso per un falso. E il mistero resta tuttora irrisolto.

Intanto oggi la testa è tornata nuovamente nella cappella del sacrario, ma in un luogo più nascosto e soprattutto, accompagnata da una targhetta recante l'iscrizione "volto del Cristo sofferente trovato in una dolina carsica". Iscrizione che, secondo Bin e Scrimali, avrebbe in qualche modo offuscato la vera identità e il reale pregio storico del pezzo. 

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