Un ulteriore flagello ad aumentare la scia di sangue prodotta nella prima guerra mondiale.

Gli ultimi scampoli del conflitto sono interessati da un'ondata devastante di pandemia influenzale. Il virus mortale fa il suo corso tra il 1918 e il 1920, infettando mezzo miliardo di persone nel mondo, e uccidendone 50-100 milioni.

Praticamente, circa il 3-5% dell'intera popolazione mondiale dell'epoca. L'epidemia o meglio l'infuenza spagnola, (detta anche grande influenza) – la più grave forma di pandemia nella storia dell'umanità, con numeri ancora più invadenti della peste nera del XIV secolo – uccide soprattutto giovani adulti con un sistema immunitario forte, mentre risultano meno soggetti alla morte, bambini, anziani e coloro con uno stato immunitario più debole. Difficile localizzare l'origine di un virus di portata così vasta, molto diffuso sui fronti di guerra.

Secondo alcune teorie, l'epicentro del focolaio sarebbe da ricondurre agli Stati Uniti, dove alla fine del 1917 il virus è probabilmente già presente in almeno una decina di campi militari statunitensi. Un'altra ricerca lo collocherebbe invece presso il campo militare e ospedale di Etaples, in Francia. E non è irragionevole pensare che il centro di diffusione sia stato un teatro di guerra. Tanto più che lo scontro mondiale nel 1917 è attivo da diversi anni ormai come guerra di posizione.

Inoltre gli ospedali da campo erano luoghi ideali per il proliferare del virus respiratorio, data la quantità di persone che ogni giorno vi transitavano. In guerra poi imperavano malnutrizione e scarsa igiene. A causare il decesso – curiosità – nella maggior parte dei casi era un'infezione polmonare secondaria. L'attributo "spagnola" deriva invece dal fatto che la notizia della sua esistenza viene portata per prima agli onori della cronaca dalla stampa spagnola, poiché non coinvolta nel conflitto e quindi non soggetta alla censura di guerra.